Post più popolari

giovedì 23 giugno 2011

Calciomercato Volume I - Un pomeriggio all'Hilton

Trasferimenti choc? Vorticoso mulinare di milioni di euro? Personalità del pallone a simboleggiar potere e denaro da trasformar nei sogni del popolo pallonaro e nei destini d’una fede calcistica? Forse, ma ciò che lascia esterrefatto chi mette piede  per la prima volta all’Hilton sono i baci. Su guance barbute oppure rasate di fresco;  regalati da labbra giovani ed atletiche (chi gioca oppure ha appena smesso) oppure rinsecchite dal tempo  e rivitalizzate da trattamenti di bellezza che chi guadagna ogniqualvolta il proprio assistito cambia casacca può sicuramente permettersi.  Baci, baci, baci,baci. Franco Grillini, Freddy Mercury e Nichi Vendola non c’entrano:  qui uomini baciano altri uomini in segno di fiducia e fratellanza, fare affari richiede intimità e trasparenza. Andreotti, Breznev, Giuda ed una certa abitudine romano-meridionale devon aver fatto scuola:  la semplice stretta di mano appare –nell’hall dell’hotel milanese – pressoché offensiva, il limitarsi all’abbraccio quasi  un “ti conosco a malapena, ma chi sei, di chi sei amico,che calciatori hai o puoi offrirmi?”: qualcuno s’accontenta d’una pacca sulla spalla, ma trattasi evidentemente d’un novellino poco espansivo e piacione. Forse riuscirà a piazzare un roccioso mediano a qualche provinciale di C2 per duemila euro al mese, nemmeno lo stipendio d’un cassiere di banca.
C’è di tutto, nella macedonia umano-calcistica dell’Hilton più brutto del mondo : il romano Cavalieri, il Waldorf Astoria di NY, il londinese Trafalgar Square e persino il vecchi Fontainebleu di Miami appartenenti alla stessa catena fan apparire la struttura una sorta di vecchio motel ridipinto sommariamente . Al bar i prezzi non son teneri : 3 euro il caffè,  ma visti i milioni nell’aria dovrebbe far parte del gioco. Macchè: fra tanti signori del pallone grondanti opulenza e procuratori con cartelletta di pelle firmata (Montenapoleone 500 euro o Via Paolo Sarpi, Chinatown, 50?), gli unici ad affrontare le giovani ed avvenenti bariste con un ordine siamo noi ed un trio di canadesi che –prenotata mesi  fa la prima vacanza in Italia- faticano a capir dove sono finiti. “We are here for Duomo and Cenacolo. But what is this? Business meeting? They don’t look businessmen”. Football market. “Ah, in Canada abbiamo l’hockey ma se vuoi comprar il giocatore d’un’altra squadra chiami il proprietario e glielo chiedi. Oppure mandi un email”. Già.  Pagato il caffè e salutati gli snowback (“A saper che c’era ‘sto casino prenotavamo altrove. Per fortuna stiam poco. Ma a Roma mica troviam altri di questi?”),  è ora d’andare. A furia di baci e bisbigli, qui tanto non si scopre mica niente e la sensazione che gli affari veri si chiudan altrove è forte.  In mancanza di telecamera (però c’è Sky e l’onnipresente vate del traffico calcistico GianLuca di Marzio), ci si stampa nella mente i personaggi cechoviani del pomeriggio, in attesa d’impugnar carta e penna al ritorno a casa.  Rino Foschi stancamente affossato in un divano ricorda quei backpackers cazzeggianti negli aeroporti in attesa che il proprio volo lowcost ritardato di 10 ore chiami l’imbarco; “nonno” Berti (due anni a Novara alla soglia dei  40, quasi tutti da indisponibile per mal di schiena) in albergo non entra neanche: ondeggia fra la fermata del tram ed il posteggio, intrappolato in gaie conversazioni  e pierreggianti saluti; Gianluca Petrachi sfinisce la batteria del telefonino appoggiato alla porta di servizio, interrotto a più riprese da un facchino cingalese alle prese con il voluminoso bagaglio d’un gruppo israeliano in check-out. L’asiatico sacramenta e per poco non travolge col carrello Flipper Damiani distratto dal cellulare. I procuratori stanno vicino alla porta girevole, in attesa d’agganciar qualcuno che passi: bacio bacio e via coi saluti. Delli Carri, Bia, Sclosa: è un fiorir d’ex calciatori in questo serraglio che in televisione sembra dieci volte ciò ch’è in realtà. A conti fatti, una trentina di metri quadrati (hall più marciapiede esterno,  mentre la scuola elementare di fronte è zona franca per chi vuol parlare lontano da orecchie indiscrete) d’ordinario nulla dipinto d’oro e lustrini. Qualche soggetto meno famoso ricorda parecchio l’Andrea Roncato che agganciava Lino Banfi nei corridoi del calciomercato nella pellicola cult del genere, “L’allenatore nel pallone”.  Uno di loro, attempato e col fare da bauscia, mi squadra con sospetto mentre urla (“ma glielo avevo detto, presidente, che il ragazzo doveva giocare in Lega Pro…se Lei non m’ascolta! Eh, le avrei io risparmiato un sacco di grane…”) nell’Iphone. Senza smartphone in mano, non ho baciato nessuno, ho buttato via tre euro per un caffè ed invece di Gazzetta o Tuttosport ho sottomano Corriere e Repubblica. Non sei dei nostri: giornalista o curioso? Poco importa. S’allontana a passo svelto, guardiano geloso dei propri segreti. “Diecimila euro, presidente, solo questo le chiedo…”.

Come si comporterà il Novara in serie A?