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sabato 30 luglio 2011

THE ITALIAN JOB

Bielsa mai atterrato, Moratti s'è dovuto ingoiare il Gasp per non finir a diriger l'allenamento in prima persona (il sogno del collega Silvio B : in panchina chi ci mette il grano e poche balle!). Pepito Rossi non torna. Ancelotti sì, ma solo a Sky. Criscito in Russia. Leonardo, Pastore e Sirigu nella Ville Lumiere accesa dal petroldollaro. Dopo la fuga dei cervelli, ecco quella dei piedi buoni. Forse calciatori ed addetti ai lavori stan iniziando a snasare ciò che i laureati in fisica e chimica han già reso vangelo, ovvero che far il proprio mestiere in  Italia porta meno soldi ma più problemi?

mercoledì 27 luglio 2011

Dimmi quando, quando, quando

Meglio tardi che mai. Ad Allah piacendo (fra petrolio, moschee in fieri ed aerei dirottati dobbiam un po’ tutti adattarci all’Islam che avanza), fra poche ore anche in Italia conosceremo date e stazioni della via crucis calcistica dei prossimi mesi. Tanto per cambiare, il bel paese arriva in mostruoso ritardo rispetto al resto d’Europa: Bundesliga, Liga e Premier han varato i propri calendario fra metà giugno ed inizio luglio. Un abbondante mesetto dopo, ecco gli italiani. Perché? Non ha certamente influito il calcio scommesse: i deferimenti son freschi di 24 ore e prima d’ ascoltar sentenze (peraltro quasi certamente a tarallucci e vino), probabilmente il pallone avrà già cominciato a rotolare ufficialmente. Difficile anche attribuire l’impasse alla Copa America. Oppure il timore che le pelose cosce di Justo Villar ammaliassero più di quelle somatoliniche d’Ilariona D’Amico era roba da non prender sottogamba? A risolver tutto, come in ogni parastatale fancazzificio italico che si rispetti, arrivò infine la truce minaccia dell’agosto, del liberi tutti. Le colonne d’Ercole della stagione lavorativa non potevano essere oltrepassate, pena la mancanza di audience ed il dover imporre ritardo di ferie a parrucconi, segretarie,cardinali e vescovi delle diocesi di Via Allegri e Rosellini. Capri, Cap Ferrat e Poltu Quatu chiamano! Orsù, senz’indugio alcuno s’accendano le luci, si pigi il tasto del cervellone e si conceda alla plebe di conoscer le date dei circenses. In assenza di panem, è già qualcosa.

martedì 19 luglio 2011

La parabola del buon pastore

Sono stufo di metter denari a fondo perduto, mai avuto un benché minimo ritorno. Non si può metter a repentaglio il patrimonio d’una famiglia solo per uno sfizio”: con queste franche ed inequivocabili parole ha pochi giorni fa gettato la spugna (e chiuso il portafogli) Semeraro, smobilitando patron del Lecce. In butterflyana attesa d’eventi (ma nella Firenze del Sud anzichè il fil di fumo si scruta l’orizzonte nella speranza di veder apparire facoltosi investitori, la presidentessa ad interim Isabella Liguori ha laconicamente fissato i primi paletti della gestione-ombra: ”Puntiamo a disputare il campionato. Con dignità”. Dall’altro lato dell’Adriatico le cose van anche peggio, non solo secondo il Sole24Ore: per il basket greco sta per iniziare la prima stagione di vacche magre dopo anni di campagne acquisti sibaritiche, con cestisti strappati all’NBA e rivelazioni serbe coperte d'oro. Il Panathinaikos campione d’Eurolega ha ridotto il proprio budget da 25 milioni di dollari a 10, i rivali storici dell’Olympiacos han iniziato il pianto greco delle cessioni spedendo a Mosca la stella Milos Teodosic e lasciando libero d'accasarsi ad Armani (sportivamente parlando) il centro Borousis: il paese in rovina non ammette deroghe, deve aver fatto capir qualcuno ai pur ricchissimi armatori padroni del pallone a spicchi sotto il Partenone. E da noi, altro paese mediterraneo economicamente agonizzante che vive di passione sportiva e guarda al futuro con malcelata negatività? Fuochi d'artificio. La Fiat con l'acqua alla gola stanzia 50 milioni di euro per un top player ed il Presidente del Consiglio attende solo il momento giusto, carta carbone del carpiato di fine mercato d’un anno orsono (Ibra e Robinho nel giro di 24 ore) per piazzar a suon di milioni il colpo. Gobbo? No, Flaco.

lunedì 18 luglio 2011

Quel giulivo cinguettar d'aprile....

Luis Enrique (perfetto mister 2.0: ieri s'è data novella al mondo che utilizza l'Ipad come lavagna tattica per i giocatori negli allenamenti di Brunico) ha smesso di twittare ai propri 97.372 followers verso fine aprile, il 21 per l'esattezza. Annusava già l'aria di Roma e la drammatica ufficialità ch'ogni batter di ciglia (o d'ornitologica ugola digitale) può assumere su quel terribile palcoscenico, relative conseguenze comprese?

venerdì 15 luglio 2011

Storia de fratelli e de cortelli

Alcuni mesi orsono, pur non essendo di primo pelo nel violento mondo del calcio (ho la stessa faccia di 19 anni fa solo perché, fra migliaia di teste uscenti dalla tribuna di San Siro, il lavandino scagliato dalla curva napoletana scelse quella d’una ragazza che camminava dieci metri avanti a me) rimasi piuttosto basito dinanzi al racconto d’un conoscente: tifoso juventino sfegatato, aveva deciso di partecipare ad una gita organizzata dallo Juve Club del proprio paesino alla volta di Pinzolo, splendida località trentina allora sede del ritiro estivo bianconero (quest’anno c’è l’Inter di Gasperini). Già scioccato dal fatto che 50 persone potessero decidere in piena estate di fottersi la domenica di lago, mare o beato relax sull’amaca del proprio giardino per intrupparsi in 8 ore di torpedone, fatica e calura al solo scopo d’assistere ad un allenamento (ad  una finale di Coppa o un match di playoff perdono anche 30 ore d’aereo ma non assisterei ad un’amichevole nemmeno se disputata nel mio cortile. Non a caso un vecchio detto livornese elenca il “Giocar a carte di niente” fra le tre cose più noiose al mondo), lo esortai a proseguire il racconto. S'era portato dietro il figlio di 7 anni, giudicando più morbido e plausibile un avvicinamento al calcio in quella sede da cartolina piuttosto che nella bolgia d’un match a Torino. Invece sotto le Dolomiti c’erano anche loro, gli ultras: lancio di fumogeni, cori cattivi, qualche passaggio alle vie di fatto con chi ostruiva la visuale, si metteva di traverso fra giocatori e capicurva o invitava a lasciar tranquilla la gente che sarebbe tornata al lavoro l’indomani mattina e voleva solo veder da vicino Del Piero o Buffon. Un pomeriggio d’ordinario spavento ed inciviltà, naturalmente a costi da weekend in Liguria: fra pullman, ingressi, souvenirs e companatico alla domenica sera partiti almeno 200 euro. “Mio figlio? Terrorizzato, non ha aperto bocca per tutto il viaggio di ritorno; a volte provo a chiedergli se gli va d’andar a veder la Juve, risponde sempre di no”. Un bambino salvato dal calcio, verrebbe da dire volendo veder il bicchiere mezzo pieno.  Bardonecchia, 15 luglio 2011. Scontri fra frazioni ultrà juventine,fumogeni, mazze e feriti. Bilancio, un accoltellato. Quanti bambini hanno avuto la fortuna di esserci oggi, regalando a sé ed alla propria famiglia la gioia d’un no allo stadio domani?

giovedì 14 luglio 2011

Il presidente de L'Espresso Football Club

Con i 560 milioni di euro del Berlusca, De Benedetti potrebbe permettersi una discreta campagna acquisti, inclusi gl' ingaggi e qualche cena da Giannino con famelici procuratori e veline da calciatore. Formazione tipo: DE GEA; MARCELO, VIDIC, SERGIO RAMOS, DANI ALVES; C.RONALDO, FABREGAS, XAVI, OZIL; MESSI, ROONEY. Squadrina, da far venire al Cavaliere (a mezzo manita al Milan) più bruciori di stomaco in novanta minuti che negli ultimi, arsenici, 20 anni di Repubblica. Allenatore Renzo Ulivieri, DS Eugenio Scalfari: se Mino Raiola e Paco Casal metton nel sacco anche lui,  par condicio totale e palla al centro.

mercoledì 13 luglio 2011

IL GRAN RIFIUTO

Marcelo “El Loco” Bielsa al primo giorno di lavoro da allenatore dell’Athletic Bilbao, 26 giorni dopo il gran rifiuto: correva metà giugno quando l’ex CT del Cile disse no a Moratti. Nella scelta di campo qualcuno potrebbe individuare la definitiva consacrazione del soprannome del tecnico di Rosario: per preferir San Mames a San Siro, loco devi esserlo davvero. Trattasi però anche dell’ennesimo rifiuto al pallone italico degli ultimi tempi, da non prender sottogamba. Bielsa ha preferito una grande del calcio iberico in decadenza (insieme a Real e Barça, l’Athletic non è mai sceso in Segunda ma non termina un campionato di Liga fra le prime tre dal 1998; vanta 23 Copas del Rey ed 8 campionati vinti, ma l’ultimo risale al 1984 mente l’ultimo trionfo “copero” è datato addirittura 1973)  ad una squadra ricca, dalla rosa stellare, campione del mondo in carica ed iscritta alla prossima Champions League. Il tutto per tacer d’ingaggio ed eco mediatico. Ha detto no all’Inter in quanto tale o al futbol italiano, sempre più lontano da Spagna ed Inghilterra nel gradimento degli addetti ai lavori? Prima di lui avevan fatto gravitar lontano dal Bel Paese i propri petroldollari gli sceicchi: lo sconosciuto e proletario Getafe (banlieue operaia di Madrid, in Liga solo dal 2004) anziché il leggendario e nobilissimo Toro, il travagliato e mai glorioso (due settimi posti il miglior risultato di sempre) Malaga anziché Roma o Bologna, quasi 10 scudetti in due. Anche fra i calciatori, la Spagna va di moda: i grandi colpi del calcio nostrano escon dalla porta di servizio della Liga. Robinho, Ibra, Eto’o, Cassano, Sneijder: grandi campioni misteriosamente spediti in Italia come seconda scelta, merce in esubero da piazzare al discount. Attenzione, non è tutt’oro ciò che luccica: a sud dei Pirenei parecchi clubs han salvato la ghirba ricorrendo alla “ley concorsal”, versione iberica del Lodo Petrucci che permette di dilazionare i debiti evitando anche la retrocessione. Chi non poteva farlo –oltre la segunda non è ammesso avvalersene- è sparita dal panorama calcistico spagnolo. Insomma, tutto il mondo è paese, la vita è un eterno bivio e per uno che parte c'è sempre un altro che arriva. Gasp!

lunedì 11 luglio 2011

AMERIKA PERDIDA

In attesa che fra un paio d’ore si sanciscan i destini dell’Argentina, la Copa America piange. Lacrimano i bimbi prodigio da decine di milioni di euro trasformati in bidoni ancor prima d’approdare in Europa (Ganso e Neymar), sgorgano lacrime dagli occhi di Leo Messi che –parole di papà Jorge- “in carriera ancora non aveva mai assaggiato l’uscir dal campo fra i fischi e c’è rimasto davvero male”. Che dirti, pulguita? A 24 anni è un’esperienza che –per quanto amara e forse inadatta all’agiografia che ti spetta- prima o poi doveva pur capitarti, come prender il due di picche, far cilecca a letto, cader in moto o non regger qualche bicchiere con gli amici. Certo, dirai tu, hai voglia prima che potesse accader al Camp Nou! Capace che tiravo sino a 30 anni (perché oltre non gioco,sia chiaro, avendo iniziato a 16!) senza saper che rumore producessero le dita fra i denti di chi sta sugli spalti e ti è parecchio incazzato. Adesso bisogna batter il Costarica e gli uomini (il Checho Batista avrà tanti difetti ma almeno non ha reclutato all’asilo come Menezes, lasciando Lamela libero d’andare a spasso per Roma) in albiceleste che la faranno, grazie a qualche variante tattica (ha ragione Stefano Borghi che in una mail a Federico Buffa sentenziava “all’Argentina puoi toglier tutto, tranne la parrilla ed un centravanti vero”: a bucare i ticos dovebbe pensarci El Pipita Higuain) ed alle spalle al muro che sapran risvegliare la forza della disperazione. In attesa che reagiscano all'onta i 9 titoli mondiali di Brasile, Argentina ed Uruguay, gioiscono i poveri; già qualificate Perù (da decenni peggior squadra del continente e gambizzata alla vigilia del proprio miglior giocatore, Claudio Pizarro) e Venezuela, storicamente l’ultima ruota del carro a sud di Panama: i vinotintos sono l’unica nazionale sudamericana a non essersi mai qualificati ai Mondiali ed avevano superato la prima fase di Copa America solo nell’edizione disputata in casa. Aria nuova sotto i cieli del Sud del mondo? Vedremo, di certo il Cile dei miracoli potrebbe approfitar del vuoto di potere per far parlar di sè ed i paraguagi han solidità da vendere. Interessante fra quelli calati da Asuncion El Chelo Estigarribia, acquisto del Le Mans momentaneamente in prestito al Newells in attesa di sviluppi. Nel frattempo, voto 6 a Sky: media aritmetica fra l’8 del farci assistere alla Copa con audio originale e pregiati camei prepartita di Buffa, Margiotta e Costacurta ed il 4 che non ci si può esimere dall’assegnare alla stucchevole trasmissione pomeridiana di Cattelan ed al commentatore che per due partite della Colombia s’è intestardito a sbagliar la pronuncia d’un centrocampista cafetero. Non è pignoleria e nemmeno il fatto che il nostro sia omonimo dell’autore del bestseller “Senza tette non c’è paradiso”. E’ il cognome ad esser talmente celebre da imporre a chicchessia la giusta posizione dell’accento: Bolìvar.

sabato 9 luglio 2011

Calciomercato Volume II - Obiettivo italiano

Franco Ceravolo ospite in studio a Sportitalia racconta il proprio mancato approdo a Palermo. "Ho parlato con Zamparini come due persone civili ma poi hanno scelto Sogliano, che gli faccio tanti auguri".

venerdì 8 luglio 2011

Il centrocampo è una terra straniera

Erano 66 nel 1995, sono giunti ad oltrepassare la soglia del migliaio (1032, per l’esattezza) nella stagione 2010/2011. Sono i calciatori stranieri ingaggiati dalle società italiane delle tre leghe professionistiche. Tacendo dei benefici tecnici ed economici che un calciatore straniero possa o non possa apportare agli avveduti o sprovveduti, gastoni o paperini (c’è chi pesca Pastore e chi Gaucho Toffoli) datori di lavoro della nostra penisola, l’incremento raccontato in settimana da Gasport non è altro che fedele specchio d’un valicar di frontiere in crescita esponenziale anche fuori dal rettangolo verde: 920.000 gli stranieri presenti in Italia secondo Caritas nel 1996 a fronte dei quasi 5 milioni stimati (per difetto) a gennaio 2011. Per un Felipe Melo che incassa e se la spassa, tanti poveri Josè ed Abdul che fatican ad arrivare a fine mese: a fine carriera (a San Siro o in catena di montaggio) torneran tutti a casa propria, ciascuno col proprio gruzzolo da metter a profitto o far durare sino alla morte. Ma se per strada lo straniero preoccupa, disturba ed inquieta, in campo e col pallone fra i piedi piace. Irresistibile la voglia d’esotici cognomi ed errori di pronuncia del calcio nostrano: nemmeno l’ultimo (ed unico) baluardo dell’italianità –la maglia azzurra- ha resistito alla tentazione d’aderire al petto venuto da lontano. Archiaviato Camoranesi –campione del mondo comprato alla causa ed al silenzio (“sono argentino, mi sento argentino, tifo Argentina, canto l’inno del mio paese,poi se volete visto che là non mi convocano con l'Italia gioco anche...”, dichiarò prima d’esser messo in silenzio stampa da una cospicua sponsorizzazione)-ecco Amauri e Thiago Motta. Sì’, perché il serbatoio dell’importazione è proprio il Sudamerica, dove ancora si gioca a pallone per strada come avveniva a Codogno o Marsala prima che nel Bel Paese sbarcassero il benessere, la Playstation ed i SUV. La vendita di calciatori è ormai (stima d’un economista statunitense) una delle più floride voci d’entrata di Brasile ed Argentina: il giovane talento assume rilevanza economica simile a quella d’un progetto industriale, vengono creati società e fondi d’investimento ad hoc per detenere frazioni del suo cartellino e venderlo ai gringos solo quando il board (spesso e volentieri una sorta di CDA composto dal manager scopritore, il babbo del ragazzo e qualche vecchia volpe latina dell’intermediazione) ritiene d’aver la pancia piena.
Il calcio europeo è per il Sudamerica ciò che Giappone, Russia o paesi del Golfo Persico rappresentano per stilisti ed artigiani Italiani: laggiù non possono raggiunger il nostro livello d’innovazione, di know-how, di design, di talento per il bello. Perciò le nostre firme vanno forte, permettendosi prezzi (e ricarichi) impensabili sul mercato domestico. Insomma, se Prada o Bisazza preferiscono inaugurar showrooms a Tokyo, Dubai e Mosca piuttosto che a Campobasso, Prato o Pordenone, così Paco Casal e Marcelo Simonian trasvolan l’oceano col sorriso fra i denti per venir a presentar il prodotto. Abituati al tocco ruvido ed al ciondolare agonistico ma poco romantico dei Gattuso, dei Donadel, degli Antonini, anche l'ultimo dei brasiliani o un uruguagio discreto ci sembreran la borsetta di Gucci in vetrina a Ginza,Tverskaya o Fifth Avenue: da comprare, a qualsiasi costo.
Chi fra i presidenti di casa nostra vuol  risparmiare o si sente pioniere, prova anche a pescar roba dove la vita ha meno alegria e di saudade neanche l’ombra del rischio; ecco allora islandesi, giapponesi, lituani, algerini, persino un suddito del Liechtenstein (Mario Frick) e due libici: Muntasser nella Triestina ed il rampollo di Gheddafi ad Udine e Perugia, dove lasciò un fugace ma dorato ricordo nel cuore e nel portafogli d’un paio d’albergatori.

martedì 5 luglio 2011

LO SCEICCO NEL PALLONE

Mohamed al Maktoum (Sheikh Mo per i foreigners impiegati a Dubai a 20000 dollari al mese, una scarsa conoscenza dell’inverno e nessun sentore della crisi) sinora ha dedicato i propri faraonici investimenti solo ai cavalli. Il giorno in cui deciderà di muover passo (e bonifici) nel mondo del calcio, milioni di piccoli clubs o nobili decadute del grande football potranno sognare rivincite e piccole rivoluzioni. Follow the money oppure money makes the world go round: il modo di dire sceglietelo voi, ma che il pallone rotoli dove cade il dollaro è tutto sommato pacifico ed ormai persino lapalissiano. Abdullah Bin Nasser e Tamim Bin Hamad hanno lo stesso cognome, al Thani, e siedono su una comune montagna di denaro sotto forma di gas liquefatto chiamata Qatar: il primo s’è preso il Malaga, il secondo il PSG. Quanto ci vorrà perché l’una o l’altra prendano a ceffoni il gotha (povero?) del calcio europeo:  Ajax, Feyenoord, Anderlecht, Stella Rossa, Olympique Marsiglia, Psv Eindhoven, Lazio, Athletic Bilbao, Lione e tante altre “come eravamo” potran esibire lucenti bacheche trasudanti storia prima d’arrendersi al petroldollaro. Prima al calciomercato, poi in campo. La ricca Inter di Moratti (oh, ma allora c’è qualcuno più ricco di Creso!) ha assaggiato l’amaro del Qatar vedendosi scippar  Leonardo, il Malaga dopo un avvio di shopping più che discreto per chi sinora vagava fra Liga e segunda (il vecchio Van Nistelrooy, Nacho Monreal , Diego Buonanotte, Mathijsen, Toulalan, Joaquin) adesso fa spalla a spalla con Chelsea e Milan per “el  flaco” Pastore. Biglietto d'ingresso 50 testoni, dice Zamparini. Tacendo del Man City -su cui i giornali han già riversato danubi d’inchiostro- ed in attesa che anche il Getafe dubaiano (dovendo sceglier fra la banlieue di Madrid e la quarta città d’Italia, fra la casacca più gloriosa del mondo ed un club senza passato né storia, quelli di Emirates han virato lontano da Cairo e dall’Italia: ad un paese meno assuefatto alla legge del piano inclinato questo darebbe da pensare ) muova passi degni del petrolio che rappresenta, il carburante del calcio che verrà  sembra essere il petrolio.
L’apripista Gheddafi,  azionista Juve da decenni , si morde le mani. Marotta e Paratici anche: senza i balordi di Bengasi o le bombe di Sarkozy,  il Kun Aguero, Alexis Sanchez, Ratoncito Zarate, Mimmo Criscito, El Apache Tevez, Marek Hamsik e Mirko Vucinic sarebbero già a Vinovo.

lunedì 4 luglio 2011

NON C'E' ROSA SENZA SPINE



Impeccabile corsivo di Sconcerti ieri su Corsera che riprende una delle noti più dolenti del pallone nostrano, parziale argomento anche del mio pezzo odierno su Tribuna nel quale ci chiediamo come si potrà convincer parte della rosa in esubero a lasciare Novara (centro d’allenamento modernissimo e confortevole, società modello con stipendi puntuali ogni mese, piazza tranquilla e perfettamente dislocata a pochi km da Milano e Malpensa) a favore di realtà periferiche, turbolente, in ambasce finanziarie e dal poco limpido futuro. Strana la vita: se una volta il dramma era convincer i giocatori a venir fra le risaie, oggi il dilemma è come persuaderli a salutarle…
Accantonato il caso del Novara (in fondo una di quelle che stan meglio, se pensiamo che c’è chi arriva a 4 dozzine di effettivi in rosa ed ancora sonda freneticamente il mercato a caccia di truppa), proviamo ad analizzare alcune anomalie degli ultimi giorni di mercato:
1)      il Palermo di Zamparini–sì quello dei 61 giocatori a libro paga, per tacer degli allenatori-negli ultimi due giorni prima presta al Novara l’argentino 23 enne Santiago Garcia (terzino sinistro arrivato un anno fa, solo 3 scampoli di partita in rosanero), poi acquisisce dal Defensor un altro mancino, stesso ruolo ed anagrafe, tale Lores Varela. Controsenso o semplice ragionamento “Comprarne dieci per rivenderne uno caro. Beh, per scoprire un Pastore devi prender anche un paio di Bertolo. Ma in fondo che ti frega, chè gli zeri dell’assegno di Roman copron tutto e ce n’è d’avanzo”?
2)      Il Milan ha rifirmato Ignazio Abate a 2 milioni di euro netti a stagione (fonte Gasport). Nulla da dire sul fatto che il biondo figlio dell’ex numero dodici interista abbia disputato una eccellente stagione ma…se Abate costa al Milan 4 milioni a campionato, come sperare che un Pastore (più volte indicato da radiomercato come obiettivo segreto di Zio Fester) non mandi il famelico Simonian in Via Turati con una richiesta almeno tripla?
3)      I prestiti e le comproprietà. Le seconde esistono solo in Italia e nel fine settimana delle risoluzioni hanno messo a nudo le incongruenze del calcio nostrano. Gaetano D’Agostino valeva 55mila euro per la Fiorentina, 110mila per l’Udinese. Venti: i milioni che la Juve era disposta a spender per il giovanotto due estati fa. Pozzo non sa che farsene, radiomercato oggi lo dà al Bologna o al Siena: pur di liberarsene insomma….Capitolo prestiti: non mi dilungherò, limitandomi a trovar molto saggia la norma vigente in Spagna. Il prestato non può essere schierato nelle due partite di campionato nelle quali si troverebbe a far dispetto al prestante: si evitano sospetti, malignità e cattivi pensieri. Decisamente non è roba per l’Italia


venerdì 1 luglio 2011

LOBBY, SIR?



Icone sparse fra stampa, radio e televisione di Luigi Bisignani, star dell’inchiesta P4: venditore di fumo, intrallazzatore nato, procacciatore di poltrone per i propri assisititi, amico di tutti, lobbista, sempre con un cellulare in mano ed un altro pronto a squillare sotto la giacca, baciato da protezioni e liaisons sconfinate, guru della raccomandazione, pilota di manovre sottotraccia e cartografo del potere, abile tessitore di trame ed ancor più eccellente maneggiatore di denaro e situazioni.
Per dar la procura (o pure due, caso Maicon docet...) ad uno così, i calciatori avrebbero fatto la fila. Oh, ma tranquilli lì a Formentera e Porto Cervo: prima o poi esce.

Come si comporterà il Novara in serie A?